Non ho ucciso l’uomo ragno

Se qualche anno fa mi avessero detto che un giorno avrei letto l’autobiografia di Mauro Repetto probabilmente non ci avrei creduto e se fossimo andati ancora più indietro con gli anni avrei perfino chiesto chi fosse Mauro Repetto perché la verità è che io non sono stata mai questa grande fan degli 883.

Ovviamente li conoscevo, ovviamente sono cresciuta con le loro canzoni, ma ero una di quelle che snobbava quel tipo di musica, che si ritrovava a canticchiarla, a conoscere i testi perché veniva trasmessa talmente tanto, fatta passare alle feste, alla radio, durante le trasmissioni, che alla fine anche non volendo ti ritrovavi a cantare le loro canzoni, ma per me quella era musica di un livello inferiore e da adolescente che voleva darsi un tono, mai avrei detto che mi piacevano gli 883, li trovavo passabili ma soprattutto mi facevano ridere.

Per me Max Pezzali era un disagiato totale, io ero esattamente quella persona che lo guardava pensando che fosse uno sfigato come lui stesso si descriveva nelle canzoni, ma con gran simpatia, mi faceva molta tenerezza e molto ridere per le sue movenze, il tono di voce e quei testi da medione che non ce la faceva proprio a risultare minimamente figo.

In effetti in quegli anni, quando ancora il nerd era nerd, nell’accezione di sfigato, Max Pezzali era quella roba lì, almeno ai miei occhi e in parte non riuscivo a comprendere questo successo ma soprattutto come riuscisse a restare così sfigato nonostante il successo.

Mauro Repetto per me non esisteva.

Ed infatti anche adesso scrivendo della mia storia con gli 883 non lo stavo proprio nominando.

Per me non era neanche “quello che ballava”, proprio non lo consideravo ed ho scoperto il suo nome anche abbastanza tardi.

Io nemmeno lo ricordo quando Mauro Repetto lasciò gli 883, non ricordo assolutamente nulla di quando Paola e Chiara, allora sconosciute, diventarono le coriste del gruppo.

Questo per dire che seriamente a me gli 883 non piacevano, era solo un gruppo italiano dell’epoca.

Poi mi ricordo che cominciarono ad arrivare le notizie su che fine avesse fatto Mauro Repetto e tutto il divertimento sul trovare le teorie più strane.

A me non interessava particolarmente e facevo finta di ridere senza capire esattamente perché dovesse farmi ridere.

Poi arrivò il giorno in cui andai a lavorare a Disneyland Paris, avevo 29 anni e stavo cercando di dare una svolta alla mia vita, lavoravo da ormai troppi anni in un posto che non mi dava nessuna prospettiva di crescita e avevo ancora Parigi nel cuore ed il sogno di vivere lì.

Tra le svariate reazioni a questa notizia una di quelle che mi colpì senz’altro di più fu proprio quella in cui mi dicevano: “Ma chi sei Mauro Repetto?” oppure “Ah vai come Mauro Repetto a fare Pippo?”

Da lì probabilmente il nome di Mauro Repetto mi incuriosì davvero per la prima volta.

Ma chi era questo personaggio assurdo che dopo essere stato negli 883 va a lavorare a Disneyland?

Con tutto che per me lavorare a Disneyland è stata e resta una figata pazzesca, un’esperienza che mi ha dato molto di più di quello che si possa immaginare e le reazioni della gente rispecchiano molto bene quanto si possa essere superficiali nel giudicare quello che si vede intorno a sé.

Oggi, quando racconto le mie esperienze lavorative, dico con orgoglio che a 29 anni sono andata a lavorare a Disneyland come Mauro Repetto.

A parte questa serie di eventi personali che forse non interesseranno particolarmente, ho letto questo libro con basse aspettative, nonostante la serie uscita su Sky “Hanno ucciso l’uomo ragno” mi abbia fatto completamente perdere la testa per quei due soggetti, riscoprire le loro canzoni, rendermi conto della nostalgia che hanno saputo evocare nonostante non le legassi davvero a qualche evento specifico della mia vita.

Ma soprattutto ho scoperto chi fosse Mauro Repetto e quanto senza di lui gli 883 non sarebbero mai esistiti.

Nel libro Mauro Repetto racconta gli inizi, il durante e il dopo, svelando finalmente il perché abbia lasciato gli 883, cosa abbia fatto poi e quanto sia stato sensato per il suo bene l’aver fatto quello che ha fatto.

Una storia sincera, fatta di tantissimi fallimenti, di progetti finiti male, di soldi buttati via per ricostruire ancora una volta un sogno troppo grande e la sincerità di un uomo non particolarmente dotato nel realizzare quello che voleva essere ma con una capacità di sognare travolgente.

Ho trovato per questo molto commovente il fatto che a Disneyland abbia trovato una sua strada, una sua serenità e abbia ricostruito la sua vita da lì.

Il libro prende, è scritto in modo semplice ma efficace, senti la sua voce nella testa, alcune frasi mi hanno fatto venire voglia di gridare dalla bruttezza con cui ha costruito alcune metafore, ma anche quelle fanno parte del suo personaggio più che imperfetto.

Mauro Repetto è anche l’esempio di ragazzo della sua epoca che sognava l’America, che credeva che in quel mondo avrebbe trovato la felicità, che con il potere dei soldi avrebbe potuto avere tutto, senza considerare che non bastava la faccia da culo ma bisognava essere anche egoista, spietato e stronzo, cose che non gli appartenevano o essere almeno davvero bravo in qualcosa.

Le donne nei racconti di Mauro Repetto esistono solo se bellissime, super modelle che ti tolgono il fiato e solo con una di loro potevi essere davvero felice.

Ma in questo libro non ci si può aspettare una morale o la rivelazione di qualche segreto di successo.

È la storia di un uomo che ha saputo sognare come solo un bambino può fare senza crescere davvero mai del tutto, nel senso migliore che questo può significare.

È la storia di un’amicizia vera, quella con Max Pezzali, che commuove davvero tanto, ammetto di aver pianto in un certo momento del libro per come descrive la prima volta che hanno cantato di nuovo insieme e per come lo descrive con sincera ammirazione senza mai una parola fuori posto anche quando sarebbe stato sensato provare invidia per lui.

Se vi siete emozionati con la serie, se ne volete sapere di più, se volete davvero restituire a Mauro Repetto tutto quello che merita, allora leggete questo libro.

Io mi porterò senz’altro dietro il ricordo di quanto sia bello avere un sogno, un progetto da realizzare e un amico con cui condividere pomeriggi ad immaginare qualcosa di grande e di quanto sia importante non smettere di credere in quel sogno, perché il successo non è solo quello di Max Pezzali oggi.

L’idea di successo come essere umano è anche diventare adulti e riuscire ancora ad entusiasmarsi, a sognare, a ridere a crepapelle con un vecchio amico per una storia accaduta durante il liceo, è fare pace con i mostri del passato, con i nostri fallimenti, con i nostri limiti, con il sapere che non saremo mai quell’attore, quel cantante, quello scrittore affermato ma saremo felici lo stesso mentre proviamo a farlo.

Mentre ci lanciamo in quel sogno e ci divertiamo mentre ci proviamo.

Mauro Repetto è tutto questo ed il successo o meglio l’affetto che gli sta tornando adesso è assolutamente meritato e lascia un senso di grande speranza che poi non sempre il mondo è così cattivo.


Titolo: Non ho ucciso l’uomo ragno. Gli 883 e le ricerca della felicità.

Autore: Mauro Repetto con Massimo Cotto

Edizioni: Mondadori

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Laureata in filosofia, giornalista pubblicista, podcaster, formatrice, amo i gatti, i libri e viaggiare.
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