Il mito della bellezza

Il mito della bellezza di Naomi Wolf è uscito per la prima volta nel 1990 e fu pubblicato in Italia nel 1991 da Mondadori.

È tornato quest’anno grazie ad Edizioni Tlon, con una prefazione scritta da Maura Gancitano e Jennifer Guerra, nella quale la domanda principale che si sono poste è se oggi possa essere considerato ancora un saggio attuale oppure datato e superato.

Direi che la scelta di pubblicarlo già ci fa capire che ancora, purtroppo, è molto attuale.

Sicuramente dei passi avanti sono stati fatti, alcune previsioni non si sono rivelate così drammatiche, ma di certo il mito della bellezza è ancora fortemente presente nella nostra società e, come aveva previsto Naomi Wolf, sta arrivando a toccare anche gli uomini più di quello che si poteva immaginare.

Questo è un libro femminista e come ogni femminismo che si rispetti (o che almeno io rispetto) parla anche di politica, di società e di economia, perché sì, le lotte femministe vogliono decostruire un modello di potere capitalista e ovviamente patriarcale.

Uno dei primi temi affrontati da Wolf è l’essere passati dalla mistica della femminilità, concetto ideato da Betty Friedan sul fatto che le donne fossero state chiuse in casa e legate all’idea del focolare domestico, del non lavoro, dell’essere casalinga come ideale della donna, al mito della bellezza che non dice più alle donne di non lavorare, di restare a casa o non fare qualcosa, ma le spinge a occuparsi di loro, del loro aspetto come quasi un dovere sociale, un dovere lavorativo.

In pratica il pegno da pagare per la loro liberazione.

Le donne hanno finalmente acquisito degli spazi, però devono sottostare a degli strumenti subdoli che le controllano, come l’obbligo di dover apparire sempre belle, curate, magre e femminili.

Tutto questo, naturalmente, incide sull’identità personale delle donne in modo estremamente problematico, spingendole a dedicare soldi, energie, tempo, pensieri alla bellezza.

Secondo alcuni studi questa pressione sociale condiziona pesantemente il modo in cui percepiscono loro stesse e le altre donne, ma soprattutto toglie loro il tempo di dedicare energie ad altro.

Prima della pubblicazione originale questa tematica non era mai stata affrontata in modo così preciso e dettagliato, spiegando come sia riuscita a prendersi qualsiasi aspetto della vita: dal lavoro alla cultura, trovando radici anche nella religione.

Lo stesso modo di vivere il sesso viene toccato: lo scopo principale è piacere all’altro, senza imparare cosa sia invece il proprio piacere, cosa voglia dire guardare un corpo maschile con piacere e desiderio. Si cresce con l’ossessione di raggiungere un ideale di bellezza senza il quale il corpo non avrà dignità di provare piacere.

Chi sceglie, chi non ha tempo o voglia di dedicarsi abbastanza alla bellezza percepirà tutto questo come una colpa che deve essere espiata e così la pubblicità, le case cosmetiche, di moda, i giornali troveranno il modo di spingere tutte a trovare una soluzione per assolvere questo peccato invitandole a consumare, a spendere soldi e sentirsi così meno colpevoli.

Naomi Wolf parla della “Vergine di ferro” come modello per tenere sotto controllo il corpo femminile, che è costantemente giudicato, valutato, osservato perché di fatto non appartiene alle donne stesse.

È un corpo sociale e verrà sempre giudicato su come e quanto viene usato, su quanto viene mostrato, è un giudizio che chiunque si sente in dovere di esporre fino a renderlo un oggetto da smembrare e sul quale poter parlare.

Se, poi, negli anni 90 il mito della bellezza riguardava solo le donne, oggi possiamo dire che tocca tuttə e che questo tipo pressione è presente anche nei riguardi degli uomini, soprattuto nei più giovani.

Questo, naturalmente, non è un segno di debolezza ma, di come il sistema economico abbia interesse a diffondere il più possibile queste insicurezze per offrire quelle false soluzioni che le donne da molto tempo conoscono bene.

Negli uomini si stanno manifestando problematiche legate a disturbi alimentari o di altro genere che si manifestano in modo diverso rispetto a quelle ormai conosciute e studiate del mondo femminile e che hanno radice proprio in questo mito della bellezza ormai diffuso in ogni soggettività.

Smantellando quello che circonda questo sistema possiamo tutti quanti beneficiare di un mondo molto più autentico dove finalmente poter scegliere di fare quello che vogliamo perché ci piace farlo e non perché ci sentiamo sbagliati se decidiamo altrimenti.

Il vero problema non ha niente a che fare con il fatto che le donne si trucchino oppure no, che ingrassino o dimagriscano, che si sottopongano a interventi di chirurgia estetica o ne facciano a meno, che si vestano bene o malamente, che trasformino in un’opera d’arte il loro abbigliamento, il loro viso e il loro corpo o che trascurino ogni tipo di ornamento. Il vero problema è la nostra mancanza di scelta.

(…)

Il problema dei cosmetici esiste solo quando senza di essi le donne si sentono invisibili o inadeguate. Il problema della ginnastica esiste solo se si odiano quando non la fanno. Quando una donna è costretta a adornarsi per farsi ascoltare, quando ha bisogno di curare al massimo il proprio aspetto per proteggere la sua identità, quando fa la fame per mantenere il posto di lavoro, quando deve attirare un innamorato per potersi prendere cura dei suoi figli, è esattamente a questo punto che la “bellezza” nuoce.

“Il mito della bellezza” è un testo grazie al quale possiamo cogliere tante sfumature di come la nostra società è costruita e riconoscere le ingiustizie che colpiscono tante donne ma che stanno intrappolando sempre più persone in un sistema sbagliato.

Vinceremo quando consentiremo a noi stessi di essere liberi di fare con il nostro corpo quello che desideriamo.

Vinceremo quando daremo al significato di bellezza un senso molto più complesso e sfaccettato.

Una definizione della bellezza che dimostra di amare la donna sostituisce la disperazione con il gioco, il narcisismo con l’amore di sé, lo smembramento con l’integrità, l’assenza con la presenza, l’immobilità con l’animazione. La luce irradierà dal viso e dal corpo, e si potrà fare a meno del riflettore puntando sulla persona, che offusca la personalità. Sarà una luminosità sessuale, varia e sorprendente. Saremo in grado di vederla negli altri senza spaventarci, e finalmente di vederla in noi stesse.


Titolo: Il mito della bellezza

Autrice: Naomi Wolf

Editore: Edizioni Tlon

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Laureata in filosofia, giornalista pubblicista, podcaster, formatrice, amo i gatti, i libri e viaggiare.
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