Chi è Sergio Ferragina?
Se conoscete me, almeno una volta il suo nome lo avrete incrociato, Sergio è il co-host del podcast “Potrebbe Piacerti” che conduce con me e che tornerà su tutte le piattaforme audio il 7 ottobre.
Sergio è ormai un veterano dei podcast e con Polo Nerd, il suo podcast più di successo, sarà anche ospite dal vivo al Lucca Comics and Games 2023 con l’altro co-conduttore Giuseppe Capuano il 5 novembre.
Oltre a questo Sergio è anche un autore, nel 2018 ha terminato la scrittura del suo romanzo “L’ultima speranza dei Vertex”, che ho recensito in questo sito. Lo trovate nella sezione libri o cliccando sul titolo.
Oggi ho deciso di fargli qualche domanda su com’è nato il suo libro e raccontarci qualcosa di più.
Ciao Sergio, è un po’ strana questa situazione in cui io ti intervisto, non trovi?
Sì, direi di sì, anche solo perché stiamo scrivendo mentre parliamo.(Siamo collegati su Skype, ndr).
Scherzi a parte sì, è strano essere intervistati ed è strano esserlo da una persona che mi conosce bene, stavolta in veste – possiamo dirlo – ufficiale.
Vero, tra l’altro è tantissimo che non faccio un’intervista, ma sono felice di farla proprio a te. Dunque partiamo subito con una domanda, anzi la chiamerei LA domanda: Come ti è venuto in mente di scrivere un libro?
Perché sono un irresponsabile, credo.
A dire il vero è nato come una sfida, per vedere se ne fossi capace. Era già da tempo che scrivevo sul mio blog e che scrivevo racconti, ma un romanzo mi sembrava qualcosa in qualche modo irraggiungibile. Serviva l’idea, serviva sapere cosa sarebbe dovuto succedere, servivano tante cose e non sapevo se le avessi tutte. Poi un’ispirazione e qualche immagine sono nate e a quel punto ho deciso di provarci.
Partiamo dall’inizio: quando hai cominciato a voler intraprendere questa sfida? Ma soprattutto quali sono state le ispirazioni di cui parli?
Se parliamo dell’inizio della scrittura vera e propria dobbiamo andare alla prima metà del 2011, più o meno due o tre vite fa. Il prologo è stato scritto in quei giorni. Ma prima di allora ci furono le idee e le ricerche. Un’immagine – anche se ammetto che suona strano dirlo – mi venne da “Bomba o non bomba” di Venditti. Ora, io non sono un particolare fan di Venditti, ma quella canzone mi ha generato queste immagini di un gruppo di persone che vuole arrivare a destinazione e si trova a incontrare ostacoli, alleati, ostilità. Mi piaceva e non riuscivo a scollarla.
Poi ci furono le immagini legate all’ambientazione. Ho iniziato a fissarmi con l’idea di un qualcosa di così lontano nel futuro da trasformare il nostro mondo in una leggenda. Cosa avrebbero capito della nostra società? Avrebbero intuito chi eravamo? A cosa fossero serviti oggetti di cui avrebbero trovato resti? Mi affascinava.
Così, prima ancora di iniziare a scrivere il resto del romanzo mi misi a fare alcune ricerche e lessi “Il mondo senza di noi” di Alan Weisman e – tempo dopo – “Il mondo dopo la fine del mondo” di Nick Harkaway, che mi aiutarono molto a capire cosa effettivamente potesse rimanere e cosa invece sarebbe sparito nel tempo.
Come hai organizzato la tua scrittura? Ti sei lasciato guidare dall’ispirazione o hai seguito qualche consiglio di qualcuno più esperto? È vero che nessuno nasce scrittore ma quello che mi spaventerebbe di più se scrivessi un libro sarebbe proprio il come. Tu come hai fatto?
Ho già detto da irresponsabile?
In realtà all’inizio ho solo cercato di mettere nero su bianco le idee. Sono partito dal prologo, che si svolge molto tempo prima, ispirandomi per questo a ciò che faceva Clive Cussler nei suoi libri di avventura, poi ho cercato di iniziare a raccontare, non preoccupandomi subito della struttura, del completo svolgimento, ma solo di provare a dare il setting.
Hai citato vari autori: Alan Weisman, Nick Harkaway, Clive Cussler, vuoi dirmi più o meno chi sono o almeno a che genere di scrittura appartengono?
Dunque. Clive Cussler era uno scrittore di libri di avventura pura. I suoi romanzi mi hanno accompagnato per adolescenza e anni a seguire. Alan Weisman è un giornalista e scrittore, autore soprattutto di articoli e libri di divulgazione. Nick Harkaway è uno scrittore, figlio di John Le Carrè, e “Il mondo dopo la fine del mondo” fu il suo primo romanzo.
Avevi già in mente quale sarebbe stata la storia e come sarebbe finita?
No, assolutamente, anzi. Avevo un inizio, avevo delle cose che sapevo che avrei voluto che accadessero, come abbiamo detto avevo un’ambientazione, ma il resto è nato con la scrittura, i personaggi hanno preso vita e iniziato a fare un po’ quelle che volevano loro.
Come sai io ho letto il tuo romanzo nonostante non sia una appassionata di fantascienza. È corretto dire che il tuo libro appartiene al genere fantascientifico? In effetti gli autori e i libri che mi hai citato non sono di fantascienza, giusto?
Il genere fantascientifico è incredibilmente ampio e diviso in sottogeneri. Sicuramente l’ambientazione e la presenza di determinati elementi permettono di considerarlo tale, anche se per quanto mi riguarda considero sempre la fantascienza una parte dell’ambientazione e non un genere a sé. Comunque sì, sebbene io abbia letto e divorato tantissima fantascienza, gli autori che ho citato non sono di genere.
Quando hai avuto l’idea non hai avuto dubbi che sarebbe stato questo il genere?
I dubbi ci sono sempre, ma per la storia che dovevo raccontare avevo bisogno di qualcosa che – almeno ora – non esiste. Per cui si finiva per forza di cose nel genere. Diciamo che mi interessava raccontare la storia e avere gli strumenti per farlo, per cui ho usato quello che mi serviva senza pensare a quale fosse il genere di destinazione
Credo che quando si decide di scrivere un libro lo si fa sempre perché c’è la speranza che qualcuno lo legga e lo ami. Per te è stato così o lo hai fatto per te stesso, per un tuo piacere personale?
Lo scopo iniziale era la sfida. Volevo sapere se sarei stato in grado di scriverlo e finirlo. Già quella per me sarebbe stata una grande conquista. Ma è innegabile che il desiderio che ciò che crei venga poi letto è parte integrante dell’esperienza, per cui anche ora sono entusiasta quando qualcuno – come te – decide di leggerlo o ascoltarlo e dirmi cosa ne pensa, raccontarmi le emozioni o le antipatie e simpatie per i personaggi.
Entrando un po’ più nel dettaglio della storia, ti va di raccontare un po’ la trama a chi ci sta leggendo?
Se dovessi riassumere velocemente potremmo dire che è un viaggio dell’eroe on the road con vari protagonisti. Entrando lievemente più nel dettaglio, la storia è ambientata in un futuro in cui ormai l’umanità fa fatica a sopravvivere, con un mondo devastato da guerre e problemi ambientali. In questo mondo esistono delle creature, chiamate Vertex, che sono il risultato di qualcosa di molto vecchio rilasciato sul pianeta. Senza fare spoiler, tutto ruoterà attorno alla loro esistenza, alla necessità di curarli e, al contempo, di proteggere gli umani.
Leggendo il libro ho trovato molte somiglianze con serie tv che ho visto sia recentemente che non, una tra tutte “The Last of Us”, c’è stata qualche serie o videogioco che ti ha ispirato?
Non credo, non consciamente almeno. Anche perché diverse somiglianze che effettivamente ho trovato nel tempo sono state con prodotti che sono usciti (oppure io ho scoperto) dopo aver scritto il romanzo. Penso che la vera influenza sia l’intero bagaglio di letture e visioni fatte fino a oggi, siano essi libri, serie, film o fumetti. Sicuramente tutto ha contribuito, ma da nessuno è nata un’ispirazione specifica. Tranne per l’aspetto di un personaggio in particolare, se devo essere sincero.
Chi?
Eyrin. È praticamente la sosia di un personaggio che si chiama Mara Jade e che compare nei romanzi e fumetti (ormai non più ufficiali) ribattezzati Star Wars Legends.
Diverso è il discorso dei nomi, ma qui apriamo una porta completamente diversa.
E apriamola questa porta!
Beh, molti nomi sono completamente di fantasia, addirittura creati con dei generatori on line. Però ce ne sono diversi che si rifanno a personaggi dei fumetti, a persone che conosco, a volte in modo innocente e in un paio di casi proprio come mia piccola “rivalsa” personale verso qualche conoscenza che non amo particolarmente.
Deve essere stato divertente! Ed invece cosa mi dici rispetto all’ambientazione? Come hai fatto ad immaginare questo mondo distopico, sempre le tue letture e visioni del genere?
La verità è che io non ho immaginazione visiva, anche quando leggo non riesco a immaginare visivamente ciò che mi sta venendo descritto o, se lo faccio, è sempre come fosse la scenografia di un teatro. Per cui ho deciso che il mondo del romanzo fosse il nostro ambientato in un lontano futuro e ogni luogo che ho inserito esiste e l’ho visitato… con Google maps.
Cioè? Hai usato l’omino di maps per vedere virtualmente i luoghi che hai descritto?
Praticamente. Sì, mi sono affidato moltissimo a Streetview, ho visitato virtualmente luoghi, ho cercato posti che avessero caratteristiche che mi servivano e che fossero raggiungibili in maniera sensata. Tutti i nomi dei luoghi sono derivati da quelli attuali, ad esempio. È stata una bella sfida, che mi ha anche permesso di inserire “relitti” del passato da far scoprire ai personaggi.
Quindi esiste un vero e proprio percorso che i tuoi personaggi hanno fatto! Anche questo deve essere stato molto divertente.
Esiste eccome! Ho ancora la mappa su MyMaps ed è uno di quegli inside jokes che mi piace moltissimo ci siano e vengano scoperti da chi ne ha voglia.
Mentre leggevo ho trovato nei tuoi personaggi molto di te, alcuni modi di dire, un certo umorismo, alcuni modi di volere bene e il tuo essere protettivo. Te ne sei reso conto mentre lo scrivevi o hai immaginato persone in particolare?
No, non ho immaginato nessuno di reale in particolare e sicuramente in molti personaggi c’è qualcosa di me. Ci sono stati alcuni che “dovevano” essere in un certo modo e che ho inserito perché avevo bisogno della loro voce. Ma c’è anche da dire che ho scoperto quant’è vero ciò che dicono molti autori, che a un certo punto sono i personaggi a dettarti la loro storia e non tu a scriverla. Non del tutto almeno.
Spiegati meglio, che significa che i personaggi hanno dettato loro la storia? Ti sono venuti in sogno?
Ma magari. Sarebbe stato più facile. No, è difficile da spiegare, ma mentre scrivi i personaggi e hanno preso una forma certe cose che provi a far fare loro suonano immediatamente sbagliate. Non funzionano. “Si rifiutano”. Poi, va beh, ce n’è una che proprio ha cambiato completamente il suo destino, ma qui lo spoiler sarebbe troppo grande.
Direi che a questo punto, se chi sta leggendo è curioso di sapere in che senso questo personaggio abbia cambiato il proprio destino, deve per forza leggere o ascoltare il tuo libro. Perché ufficialmente è disponibile in podcast, vero?
Sì, esatto, si ascolta su qualunque piattaforma podcast. Ma si può anche leggere: non ho ancora trovato un editore, ma nel frattempo chiunque abbia voglia di leggerlo può scrivermi e lo invio con piacere.
Io confesso di averlo sia letto che ascoltato e devo dire che è molto divertente ascoltare Sergio che fa le voci dei suoi personaggi. Colgo anche l’occasione per invitare qualsiasi editore ci stia leggendo a pubblicare questa chicca perché credo che sia una storia che può offrire molti spunti e, come ti ho già detto dal vivo, sarebbe perfetta anche come serie tv.
Ti ringrazio Sergio di avermi concesso questa intervista. Ultima domanda: Stai scrivendo altro? Altri progetti in arrivo?
Beh, non so se lo sai, ma ho due podcast che escono regolarmente. A parte questo scrivo regolarmente sul blog recensioni e racconti, oltre ad articoli per altri siti. Un nuovo romanzo magari arriverà, mi piacerebbe molto riprovarci.
E ovviamente grazie a te, sei ufficialmente la prima persona che mi intervista al riguardo.
Se questa intervista vi ha incuriosito e volete saperne di più sul blog di Sergio trovate tantissimo materiale da visionare: https://oldmanaries.it
Per ascoltare il romanzo “L’ultima Speranza dei Vertex” vi lascio il link qui: https://link.chtbl.com/vertex
Se volete scrivere a Sergio potete farlo mandando una mail a sferragina@gmail.com