La parte peggiore

In ogni lavoro esiste una parte più piacevole ed una meno piacevole.

Quando racconto del mio lavoro molte persone pensano che la parte del viaggiare, del dormire fuori casa, sia la peggiore.

Probabilmente una delle ragioni principali di questa credenza è lo scontato stereotipo in cui la donna, sin dalla preistoria, ami stare a casa ad aspettare il ritorno dell’uomo cacciatore.

Tra l’altro recenti scoperte archeologiche hanno contraddetto l’ipotesi secondo la quale la caccia nella Preistoria veniva praticata esclusivamente dagli uomini.

Non è di questo che volevo parlare e nemmeno sostenere che viaggiare per lavoro sia una figata, ma di certo non è la parte peggiore del mio lavoro, anzi, è una di quelle che mi piacciono di più.

Quella che invece mi piace di meno è stata introdotta nelle mie mansioni nell’ultimo anno e ho dovuto accettarla nonostante la mia resistenza e la sensazione di fare qualcosa che non mi appartiene più.

Quando mi tocca, il mio umore peggiora notevolmente, metto in discussione qualsiasi aspetto della società in cui viviamo e torno a casa stanca, spenta, insoddisfatta anche se ho portato a termine al meglio ogni risultato richiesto.

L’unica cosa interessante che accade durante queste ore deprimenti è la possibilità di osservare le persone, ascoltare conversazioni e qualche volta averne di piacevoli.

Quello che vedo non è incoraggiante, ma ammetto che riesce a immergermi nella realtà mostrandomi quanto sia ancora lungo il percorso di liberazione della donna.

In questi 3 giorni ho assistito a 3 scene con 3 protagoniste femminili di 3 generazioni diverse.

La prima, una bambina, aveva circa 8 anni.

È entrata in farmacia eccitatissima con la sua amica e le rispettive mamme.

L’evento del pomeriggio sarebbe stato farsi i buchi alle orecchie come aveva fatto qualche giorno prima la sua amica.

Arriva il suo turno, guardano insieme gli orecchini che avrebbero forato i lobi delle orecchie.

Mi faccio quelli a perla, no quelli a cuore, però anche la stella non è male, mamma non puoi decidere tu per me perché devo farmi solo il punto di luce? che significa che sei per le cose minimaliste?

Impossibile scegliere.

Sapeva solo che voleva decidere lei quale farsi e non seguire la decisione della madre.

Ma comunque la risposta su quale orecchini scegliere era impossibile.

Ad un certo punto sembra convinta: come quelli della sua amica.

Poi il dubbio.

Ma quanto fa male?

Poco, non senti niente, solo un pizzico velocissimo.

Posso farne solo uno e se poi mi fa male non faccio l’altro?

Ma su dai non fare la fifona!

Spavento, non sembra più convinta, qualcosa non la convince, non si fida, non vuole rischiare di sentire anche un minimo dolore ma la mamma, l’amica, tutte a tentare di convincerla.

Dai Giulia sbrigati che dobbiamo andare a studiare!

L’amica: Preferisci andare a studiare che farti i buchi alle orecchie?

Sì! – in lacrime.

Questa storia è andata avanti per 20 minuti finché per fortuna una farmacista ha pensato bene di dire alla madre che se la bambina non era convinta non andava forzata e finalmente si sono convinte anche loro e la piccola è potuta tornare a casa serena.

Seconda storia.

Donna di 65 anni entra in farmacia cercando un fondotinta: mio marito mi ha detto che devo truccarmi, che non posso uscire di casa così.

Io la guardo e le dico solo che non commento neanche, con tutto il disprezzo possibile (verso il marito ovviamente), altra farmacista: stessa reazione.

La signora ripete la frase, sembra quasi divertita, sembra non capire i nostri sguardi, ubbidisce al marito e prende il fondotinta.

Signora, può uscire così.

Terza storia.

Una signora di circa 85 anni entra zoppicando con un bastone, piano piano arriva al bancone e chiede se la sua crema è in offerta, una crema che costa oltre 100 euro.

Chiede conferme su quanto sia buona, su cos’altro può aggiungere al suo trattamento, dice di aver visto un’altra pubblicità in televisione di una crema che prometteva miracoli, non ricorda nulla e prova a spiegarla raccontando che c’era Carlo Conti vicino a questa donna.

La verrà a prendere quando tornerà in offerta, se ne va lentamente, poggiandosi al suo bastone, con il desiderio che forse un giorno la crema giusta potrà levarle quei 20 anni dal viso, lo hanno detto alla televisione dopotutto.

La parte peggiore è vedere che ancora non si va avanti, si pensa di averlo fatto ed invece poi quelle catene tornano ancora e ancora e ancora.

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Laureata in filosofia, giornalista pubblicista, podcaster, formatrice, amo i gatti, i libri e viaggiare.
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