La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ha ospitato il primo ciclo di dialoghi con intellettuali e artisti sul concetto di catastrofe organizzato da Tlon.
Nella presentazione dell’evento Andrea Colamedici ha spiegato come l’immagine letterale della parola catastrofe venga dal verbo katastrépho, l’aratro che rivolta il terreno.
Oggi stiamo viviamo tempi catastrofici sotto molti punti di vista: a un ribaltamento dei valori e del senso si affiancano i ribaltamenti della natura, conseguenza della nostra terribile impronta ecologica.
È allora il caso di pensare alla fine: alla fine intesa come la conclusione, il ciglio dell’annientamento a due passi dall’autodistruzione. Ma anche finalmente pensare, dopo aver trascorso l’ultimo secolo a produrre molto, e a pensare molto poco.
Domenica 27 novembre ho avuto la fortuna di assistere al terzo appuntamento del ciclo dove Andrea Colamedici ha dialogato con Vito Mancuso, teologo laico, filosofo, docente e scrittore di numerosi saggi.
Il titolo dell’ultimo libro uscito dell’autore e sul quale si è poggiata l’intera conversazione si intitola “Etica per giorni difficili“.
Qui di seguito cercherò di mettere in ordine alcuni degli appunti presi durante questa mattinata estremamente stimolante.
Si è partiti dalla prospettiva dei giorni difficili domandandosi perché sia necessaria un’etica, dando però prima un piccolo aiuto a quello che sarebbe stato l’evolversi del discorso, su come il significato di difficile non significhi che la cosa sia impossibile ma semplicemente che richiede sforzo, impegno, attenzione, abilità.
Fino a quando avremo l’emozione negativa di indignazione, fino a quando avvertiremo che le cose dovrebbero essere diverse, allora sarà un buon segno che questi giorni difficili possono essere attraversati.
Molto spesso abbiamo la sensazione che nel passato le cose andassero meglio, che l’etica avesse vissuto tempi migliori, ma la verità è che per l’etica non sono mai esistiti tempi favorevoli.
I giorni difficili ci sono sempre stati e buona parte delle cose belle che sono state scritte e create sono nate dalla sofferenza.
Sicuramente vero anche il fatto che non tutti sono in grado di trasformare il dolore in qualcosa di bello, non tutti sanno far nascere dal dolore un’opera d’arte, uno scritto, un’opportunità.
Oltretutto l’etica non è neanche qualcosa di oggettivo, non è una verità statica, l’etica è come l’arte, dice Vito Mancuso, per qualcuno è importante, per altri no, esistono diversi stili ed estetiche diverse.
L’oggettivo non esiste se non si mette in pratica il soggettivo.
Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore.
Antigone rivolta a Creonte nell’omonima tragedia di Sofocle
“Cosa c’è di più importante di me?”
Ha chiesto Andrea Colamedici.
Se la risposta è altro che noi stessi e tutto quello che ci riguarda direttamente e si fa più grande allora dentro di noi c’è la domanda etica.
La coscienza dovrebbe essere la risposta sostiene Mancuso.
Chi riceve del male e comincia ad odiare, chi in condizione di difficoltà lotta solo per la sua sopravvivenza, chi pensa solo al proprio benessere allora, forse, ha un’etica piuttosto discutibile.
Perché serve l’etica?
Per rimetterci in sesto.
Èthos tra i vari significati ha ancora prima quello di abitazione, dimora e non è un caso se grazie all’etica si siano creati dei rifugi per la nostra salvezza, per proteggerci, per migliorare una condizione.
Per comprendere davvero il concetto di etica dobbiamo probabilmente rifarci al concetto di verità e accettare il fatto che non esista un’unica interpretazione.
In questo mondo così fortemente polarizzato dobbiamo provare a superare le opposizioni per quanto ci risulti difficile.
Secondo Giorgio Colli Socrate in verità dialogava con le persone non per conoscere la verità ma per andare oltre la dualità, per conoscere l’opposizione e provare a trovare anche nel contrario delle sue idee una parte di verità.
Una verità assoluta, ferma immobile, delle soluzioni valide per tutto non esistono.
Sarebbe bello avere un manuale di istruzioni per la vita in alcuni casi, ma la verità è che il manuale delle soluzioni non esiste ed è quanto di più simile all’ideale di soluzioni di ogni totalitarismo.
Facendo riferimento ad Hegel e riassumendolo in pochissime parole Vito Mancuso prova a spiegare come il vero sia l’intero, la totalità di quello che si muove e per vederlo bisogna muoversi continuamente.
Il vero è un modo di essere, una dimensione che ti porta a trasformare e che ha a che fare con l’etica.
Gira, convertiti, cambia, sbaglia, alzati e riprova, solo muovendoti potrai intravedere qualcosa.
Contradictio est regula veri
“La contraddizione è la regola del vero” scriveva già un giovane Hegel
Un bellissimo esempio sull’attualità è stato quello riguardo le varie crisi che stiamo vivendo, tra cui quella climatica, e l’ammissione che siamo stati noi esseri umani mettendo noi stessi talmente al centro dell’universo che lo abbiamo rovinato ed intossicato.
Ci sono infatti oggi molte teorie che vogliono mettere altro anziché l’uomo come centro dell’universo dato che è colpevole di aver consumato e distrutto il mondo.
La verità però è che andando nella direzione opposta andiamo verso un altro estremo.
Se pensiamo ancora una volta a noi esseri umani come veleno per questa terra possiamo pensare anche che come il greco antico, lingua geniale, ci insegna che il pharmakon significa sia veleno ma anche antidoto, dunque forse siamo proprio noi che con una riconversione, un cambiamento di mentalità possiamo porre rimedio ai danni provocati.
Vi consiglio di andare a recuperare questo dialogo qui, ma se non avesse tempo di vederlo ci tengo a ripetere un messaggio di speranza estremamente realistico e che forse ci dovrebbe riposizionare di fronte a questo senso di sfiducia che sentiamo oggigiorno.
Per quanto sia tutto estremamente complicato, per quanto alcuni valori siano per alcune persone un diritto e per altre un delitto è innegabile che stiamo andando verso un progresso morale.
Pensiamo alla schiavitù, pensiamo al patriarcato, pensiamo al razzismo, pensiamo a quante cose orribili commesse nel passato, oggi hanno preso se non altro direzioni completamente diverse.
Consapevole che questi appunti trascritti e neanche riportati completamente siano solo una piccola parte della complessità dell’opera di Vito Mancuso, vi lascio con un estratto della sua prefazione che è solo un assaggio ad un tema ampio ma fondamentale per vivere questi giorni difficili con fiducia.
L’etica, infatti, ben prima di essere un comportamento che dobbiamo mettere in pratica, è qualcosa che ci custodisce, è la nostra dimora. Lo è in quanto rappresenta la medesima logica che dà origine e tiene insieme i nostri corpi, cioè la logica della relazione armoniosa, della salute, dell’omeostasi. Noi abitiamo l’etica; anzi, ne siamo abitati. Lo siamo anzitutto nel corpo, e il lavoro più importante della vita consiste nel giungere a vivere consapevolmente tale logica di armonia anche nella libertà resa possibile dalla mente.
-Etica per giorni difficili- Vito Mancuso
È per questa radice naturale che l’etica, quando appare, si impone da sé. Non c’è nessun bisogno di ipotizzare idee innate o influssi soprannaturali di un qualche tipo: un comportamento onesto, proprio e altrui, si dimostra immediatamente alla mente sana, perché rispecchia la medesima logica che governa il corpo. Non c’è nessuna soluzione di continuità, a parte una, enorme: quella data dal fatto che tale logica di armonia relazionale, al fine di potersi realizzare come etica, deve passare attraverso la consapevolezza e la responsabilità della coscienza.