Sabato 17 settembre ho partecipato alla seconda edizione del primo evento di Digital Women’s Empowerment, dove alcune professioniste del digitale hanno avuto l’occasione di parlare di argomenti del settore in un’ottica femminista.
In che senso digital femminista?
È evidente che il gender gap in questo settore sia ancora presente, tuttavia, grazie allo sforzo di molte, gli spazi che prima erano solo prerogativa dell’uomo sono stati presi anche dalle donne.
Nonostante la parola femminismo faccia ancora paura a tante persone è solo prendendo consapevolezza delle enormi opportunità che le filosofie femministe offrono che si possono fare passi di questo tipo.
L’approccio inclusivo e attento alle diversità viste come opportunità per tuttə e non come limite mette le persone creative nelle condizioni di inventare strumenti che possono essere utili e applicabili in altri campi per fare davvero innovazione.
Gli interventi sono stati tantissimi, ma alcuni mi sono rimasti impressi nella testa (per potenziali idee future) e nel cuore (per le tematiche trattate):
Domenica Melillo con ”Cosa vuol dire essere creativi?”, che ha condiviso la sua storia fatta di strade “sbagliate” e cambi di rotta che l’hanno portata alla consapevolezza di essere una creativa e ad aver il coraggio di seguire la sua natura e portandola ad essere oggi la Creative coordinator di Alfemminile.
Giuditta Rossi con “Strategie di rappresentazione: sfidare lo Standard”.
Ho conosciuto Giuditta grazie a Young Women Network qualche anno fa, ma il nostro confronto è stato solo virtuale: abbiamo fatto parte della rubrica di recensioni di libri di YWN e poi ho continuato a seguirla attraverso i canali social nel suo percorso professionale.
È stato quindi per me molto bello conoscerla finalmente dal vivo ma soprattutto ascoltare il suo intervento.
Giuditta in questo talk ha parlato dell’importanza per le persone di vedersi rappresentate in storie coraggiose e autentiche. I brand hanno un ruolo centrale, non solo attraverso i prodotti ma anche con i servizi che mettono a disposizione.
Diventa dunque importante chiedersi per chi sono progettati queste esperienze per accorgersi come sono i pregiudizi e stereotipi a creare uno “standard”. Per progettare in modo più aperto e inclusivo è necessario prenderne consapevolezza e superarlo.
Per saperne di più vi lascio il suo sito boldstories e un suo interessante progetto colorcarne.
Molto coinvolgente l’idea di Elisabetta Alicino, che ha immaginato di combattere il patriarcato cercando di applicare il concetto di rebranding al “brand donna”, creando finalmente con le donne stesse i nuovi valori e le nuove aspettative che si possono avere trovandosi di fronte a una di noi.
Non dimenticherò il sorriso, l’entusiasmo, la passione e la perseveranza nello sguardo e nelle parole di Arianna Ortelli, CEO e Co-founder di Novis Games, una startup ad impatto sociale che vuole rivoluzionare il mondo del gaming attraverso la creazione di un ambiente di gioco accessibile a persone cieche ed ipovedenti.
È stato interessante realizzare che questo tipo di gioco non ha nulla di meno rispetto a quelli tradizionali, ma mette tuttə nelle condizioni di dover utilizzare gli altri sensi imparando un tipo di comunicazione, scoperta del mondo e degli altri innovativa.
Hanno vinto facile con me, date le tematiche trattate, Sambu Buffa e Ginevra Candidi che con la loro tavola rotonda su “femminismo intersezionale, inclusione e strategie di brand” hanno mostrato come le aziende possano trovare nuova vita investendo sulla formazione incentrata su queste tematiche a partire dall’interno stesso dell’ambiente di lavoro fino ad arrivare a strategie di comunicazione che parlino a tuttə in modo etico ed inclusivo.
Infine Rossella Pivanti, podcast producer, ci ha mostrato come oggi proporre un podcast davvero competitivo sia impresa non così semplice, di come sia velocemente cambiato lo scenario podcast in pochi anni e come i trend di questo mondo necessitino di essere studiati, capiti e progettati per creare engagement.
Non posso non concludere con l’intervento di Santina Giannone, che mi ha ricordato quanto molto spesso ci facciamo bloccare dalla scusa di non avere tempo, dalla paura del giudizio degli altri e dalla sindrome dell’impostore che ci insinua il dubbio di non essere capaci nel fare qualcosa che invece magari ci porterà a grandi soddisfazioni ed importanti progetti.
Imparare a trasformare il proprio valore in significato è dunque il segreto per iniziare a brillare.
È bello essere tornatə in presenza, è bello non esserci dimenticatə come si sta, è bello quando ci si unisce, ci si confronta e si scambiano idee, progetti e valori, ancora di più dando spazio a chi finora non ne ha avuto quanto ne avrebbe meritato.
Per chi volesse saperne di più ecco il sito dell’evento: https://www.socialwomentalk.it/