
Non ne ho mai fatto mistero: la fantascienza non è mai stata un genere che ho preso molto in considerazione.
A parte qualche rara eccezione, è un tipo di ambientazione talmente distante, piena di astronavi, effetti speciali più o meno ridicoli, per non parlare delle guerre tra pianeti che proprio mi fanno sentire male dalla noia che mi procurano. Talmente grande il mio pregiudizio che non riesco proprio a tenere alta la concentrazione e quindi non capisco niente di quello che sta succedendo. Per quanto sia solo un ambientazione, per me è quella più lontana per predispormi alla mia necessità di essere toccata dalle tematiche che cerco.
Tuttavia, qualche tempo fa ho letto molto su Ursula K. Le Guin, su ciò che hanno scritto di lei critici, accademici, lettori e sul fatto che fosse una voce diversa, che non ha usato la fantascienza per evadere, ma per interrogare, mi è sembrato dunque necessario darle una possibilità e conoscere direttamente la fonte, leggere un suo romanzo non perché “è fantascienza” ma perché è Le Guin.
I reietti dell’altro pianeta è stato quel libro.
Ursula K. Le Guin (1929-2018) è una delle voci più alte nella letteratura di fantascienza/fantasy e speculativa del XX secolo, ma in modo che trascende i confini del genere. Figlia di un antropologo, ha da subito avuto un approccio attento alle culture, alle differenze, alla forma con cui le società organizzano il potere, le relazioni, la libertà.
I suoi romanzi più celebri non sono solo “fantascienza” nel senso classico ma esperimenti morali, filosofici, di speculazione politica, sociale, linguistica, psicologica. Le Guin ha sempre esplorato temi come gender, autoritarismo, anarchismo, società alternative, ambiente non come decorazione, ma come parte profonda della sua immaginazione.
Non solo la bellezza dello stile, la ricchezza dei mondi che costruisce, ma la capacità di guardare al nostro mondo con occhi critici e svegli, di farci domande su cosa significhi libertà, uguaglianza, responsabilità, comunità.
Temi troppo importanti per ignorarla.
Ma di cosa parla I reietti dell’altro pianeta?
Il romanzo è ambientato su due pianeti: Anarres e Urras.
Anarres è un satellite arido, isolato, popolato da una società anarco-socialista che ha rinunciato alla proprietà privata, allo stato classico, al patriarcato, per vivere in una comunità dove la cooperazione, la solidarietà, la rotazione del lavoro, l’assenza di leggi rigide sono parte dell’ideale.
Urras, invece, è ricca, rigogliosa, popolata da stati politici potenti, da disuguaglianza, da capitalismo, da una divisione forte tra classi, tra ricchi e poveri. Casa nostra insomma.
Il protagonista, Shevek, è un fisico di Anarres, idealista e critico fin da giovane, che sente i limiti della propria società (anche se vi crede) e decide, nonostante le resistenze, di viaggiare verso Urras per completare la sua teoria del tempo, cercando dialogo, crescita, scambio, ma trovandosi presto davanti a ostacoli inattesi, non solo esteriori ma interni: relativismo, egoismo, compromessi, corruzione morale, differenze culturali.
Quello che ho trovato molto stimolante è stato come Le Guin non dipinge Anarres come un paradiso senza difetti. Ci sono sacrifici, costrizioni sociali, limiti materiali, problemi di individualità, di libertà intellettuale, di isolamento. Allo stesso modo Urras non è solo un mondo cattivo: offre bellezza, possibilità, scienza avanzata, piaceri.
Al contrario di qualsiasi trattato filosofico politico, la descrizione della pratica di queste due società obbliga il lettore a confrontarsi con la complessità e non con una morale semplicistica.
Molto interessante trovare i paragoni con la realtà e l’attualità dell’autrice.
Scritto nel 1974, il libro riflette le tensioni della Guerra Fredda e i contrasti tra capitalismo e socialismo, ma anche le paure ambientali e le lotte per la libertà. Le Guin usa i suoi due mondi come specchio del nostro: frontiere, privilegi, potere, propaganda, libertà individuale contro doveri collettivi.
Pur essendo “vecchio” di cinquant’anni, parla ancora di noi: disuguaglianze, crisi ambientali, migrazioni, libertà negate.
I reietti dell’altro pianeta credo sia uno di quei libri che tutti dovrebbero affrontare almeno una volta nella vita.
A tratti l’ho trovato un po’ troppo filosofico (anche se a me non è dispiaciuto per ovvie ragioni). Però, essendo un romanzo, mi sarebbe piaciuto conoscere meglio le storie dei personaggi, avrebbe alleggerito i temi e reso la trama più appassionante, cosa che a volte è venuta a mancare.
Detto questo, resta un libro che consiglio fortemente: a chi non ama la fantascienza (perché non è “davvero” fantascienza) e soprattutto a chi ama la filosofia politica.
Un romanzo che non solo si legge, ma si metabolizza.
Titolo: I reietti dell’altro pianeta
Autrice: Ursula K. Le Guin
Edizioni: Mondadori